La guerra del loudness

loudness-warCon l’avvento della registrazione digitale e la messa in soffitta dei vecchi nastri analogici inizia un nuovo capitolo nella storia della registrazione musicale, tralasciando la diatriba analogico vs digitale soffermiamoci su un aspetto fondamentale nella musica ovvero la dinamica. Tutti i compositori hanno sempre considerato un fondamentale strumento espressivo e stilistico l’uso della notazione dinamica nelle  partiture; proviamo a pensare l’effetto che avrebbe l’inizio della quinta sinfonia di Beethoven se fosse suonata in “pianissimo”. Sarebbe un’altra cosa, perderebbe tutta la propria energia e forza propulsiva.

Nella scienza acustica la dinamica viene chiamata “loudness” o percezione sonora, da non confondere con il volume, il quale spesso viene impropriamente associato ad essa. Il volume rappresenta esclusivamente l’amplificazione di un segnale elettronico ed è associato alla manopola di un amplificatore oppure ad un tasto o ad un’icona software.Viceversa il loudness  rappresenta la percezione sonora effettiva che ascoltiamo, e non ha affatto un valore assoluto. Quindi non tutti i suoni vengono uditi con la stessa intensità, ma dipende molto (ma non solo) dalle frequenza . Le frequenze più acute vengono percepite con una intensità acustica maggiore nelle vicinanze della sorgente sonora. Questo ci permette di distinguere il leggero tintinnio di un triangolo anche durante un pieno orchestrale, proprio  perchè le sue frequenze acute emergono nella massa sonora orchestrale.

Ora fatta questa necessaria premessa entriamo nel merito della questione. Per guerra del loudness  si riferisce alla tendenza dell’industria musicale a registrare, produrre e diffondere musica, anno dopo anno, con livelli di volume progressivamente più alti, per creare un suono che superi in volume i concorrenti e le registrazioni dell’anno precedente. Molti musicisti e tecnici ritengono giustamente che questa guerra stia di fatto compromettendo la qualità, eliminando di fatto tutti i gradienti dinamici da un brano, rendendolo in questo modo stancante all’ascolto e decisamente monotono.

Purtroppo questa guerra è stata fomentata anche dalle radio commerciali che hanno la pessima abitudine di riprocessare un brano prima della messa in onda, alzando ulteriormente il valore RMS (ovvero il valore medio del loudness) del brano, ed anche dalla scarsa competenza di molti fruitori di musica i quali ritengono che un disco suoni meglio se ha un “volume” più alto. Esiste un limite fisico alla compressione di un brano oltre il quale si produce una fastidiosa distorsione digitale chiamata clipping , ma sembra che anche questo limite in questa folle gara non sia un problema per alcuni produttori musicali.

Questa pratica è condannata da parecchi professionisti dell’industria della registrazione, tra cui il tecnico del suono Doug Sax, Geoff Emerick (conosciuto per la sua collaborazione coi Beatles da Revolver a Abbey Road), Steve Hoffman e molti altri, come gli audiofili e gli appassionati di Hi-fi. Anche Bob Dylan ha condannato questa abitudine, dicendo: “Ascoltate queste registrazioni moderne, sono atroci, piene di rumore. Non c’è definizione su niente, niente sulle voci, niente di niente, è come se ci fosse solo un’interferenza continua.”

Il testo seguente fu stampato dentro l’imballaggio del singolo I Walk Alone della band metal Iced Earth: “Questa è una registrazione dinamica metal! Ascoltala ad alto volume! (Ci rifiutiamo di rovinare le nostre produzioni comprimendole all’eccesso e masterizzandole a volumi ridicoli! Ciò uccide la vibrazione e la dinamica del mix. Alza il volume dello stereo e basta!)”

Per fortuna nelle registrazioni di musica classica professionali questa folle corsa al volume non avviene ( anche se sono altri i motivi che possono compromettere la qualità di una registrazione) e quindi possiamo apprezzare pienamente la bellezza delle variazioni dinamiche volute dal compositore.

Una buona registrazione sinfonica deve avere una certa” profondità” ovvero si deve percepire l’ampiezza della sala da concerto con le sue naturali riverberazioni.

Inoltre deve risultare “definita” ovvero dovremmo poter distinguere facilmente tutte le numerose varietà  timbriche dell’orchestra. Questi due aspetti qualitativi sono inversamente proporzionali in quanto migliorandone uno peggiora l’altro. Quindi una buona registrazione rappresenta il giusto equilibrio tra questi due elementi.

Purtroppo molti direttori non seguono personalmente la registrazione di una sinfonia (forse anche perchè molti non hanno le competenze elettroacustiche necessarie) e quindi molto spesso viene tutto lasciato in balia di qualche tecnico che se, non altamente specializzato, può facilmente deturpare l’esecuzione di un intera orchestra che magari ha suonato in modo impeccabile.

Altra fonte di musica classica di pessima qualità è la televisione, questo innanzitutto per una ristrettezza della banda audio (almeno nella tv generalista), ed anche per la pessima abitudine della multimicrofonazione , la quale rende uguale l’intensità acustica di un flauto contralto a quella di un corno francese, rendendo il tutto irreale e lontano dalla percezione che si ha nel mondo fisico.

Altri fattori che abbassano la qualità di un brano sono la compressione come l’MP3 a 128/kb ad esempio dove il codec di tipo lossy produce una minore definizione acustica.

Pur sembrando banale mi sento di dire che il miglior modo di ascoltare musica è quello di andare ad un concerto, oppure ascoltarla con un buon impianto stereo con un CD di qualità. Rimane il fatto che forse di musica se ne usufruisce troppo e male, ovvero in modo distratto magari come sottofondo mentre si è in ascensore oppure al ristorante o al supermercato. Si svilisce, si inflaziona  in questo modo quella straordinaria esperienza che è l’ascolto consapevole, perdendone irrimediabilmente tutta la straordinaria magia.