Agli inizi del novecento alcuni musicisti si cominciarono a domandare se le combinazioni di note ottenibili per formare una melodia fossero giunte al termine, ovvero il dubbio era – è possibile ancora poter comporre una musica completamente nuova che non usi combinazioni di note già scritte in passato? – la risposta è, almeno da un punto di vista matematico “si”, in quanto considerando non solo le combinazioni delle 12 note possibili , ma anche le molteplici caratteristiche espressive, possiamo affermare che da un punto di vista combinatorio le possibilità siano quasi infinite. Rimane il fatto che, grazie anche alla letteratura (Marcel Proust) e soprattutto alla nascente psicoanalisi (Sigmund Freud), si sentì l’esigenza di scoprire nuove forme. Queste nuove forme dovevano rappresentare l’inconscio; i primi esponenti di questo nuovo modo di concepire la musica e l’arte in generale furono Ferruccio Busoni e Edgar Varèse. Il limite, se si pensa che siamo agli inizi del 900, era l’utopia di questa nuova musica che non poteva essere concretizzata. Ci furono anche altri due musicisti che si accostarono a loro volta a questo argomento, in modi diversi, ma sicuramente con ottimi risultati: Claude Debussy e Bèla Bartòk, tali da far interessare la musica cosiddetta colta. Il primo basando la sua composizione sull’intuizione, il secondo facendo perno sulla ricerca. Nel frattempo nascono i primi sistemi elettromeccanici per la produzione di nuovi suoni (nuovi intervalli). Erano essenzialmente dei grandi oscillatori che intonavano il suono a varie altezze, riproducendo tutte le altezze intermedie. Il Futurismo approdò anche alla musica tramite Luigi Russolo utilizzando il rumore della quotidianetà, tramite degli strumenti chiamati Intonarumori, ovvero delle grandi scatole generatrici di rumori in cui muovendo una particolare leva se ne variava l’altezza.
Il fisico russo Léon Theremin inventa – grazie anche alle nuove scoperte dello scienziato italiano Guglielmo Marconi sulle onde radio – l’omonimo strumento chiamato theremin; il più antico strumento elettronico a non prevedere il contatto fisico dell’ ‘esecutore. Il Theremin si basa su oscillatori che, lavorando in isofrequenza al di fuori dello spettro udibile, producono, per alterazioni delle loro caratteristiche a seguito della presenza delle mani del musicista nel campo d’onda, dei suoni sul principio fisico del battimento, questa volta nel campo delle frequenze udibili. Successivamente il francese Maurice Martenot, tecnico radiotelegrafista e violoncellista, iniziò a lavorare alla produzione di uno strumento musicale elettronico nel 1923. L’idea di Martenot era quella di realizzare uno strumento elettronico che sfruttasse la tecnologia ideata da Theremin, ma che risultasse familiare ai musicisti abituati ai soli strumenti acustici: inserì così una tastiera standard da 88 tasti per controllare l’altezza dei suoni prodotti dallo strumento Può essere considerato direttissimo un antenato delle tastiere moderne , in quanto si basa sullo sfruttamento delle differenze di frequenza emesse da due generatori sonori (oscillatori). Ha un’estensione di sei ottave, e può produrre intervalli inferiori al semitono, glissati e diversi timbri.
Un altro dei primi strumenti elettrofoni è il telharmonium; inventato da Thaddeus Cahill intorno al 1897, può essere considerato l’antenato dell’organo elettromeccanico Hammond. Tale strumento era formato essenzialmente da 145 dinamo e induttori al fine di produrre correnti alternate di varie frequenze. Questi segnali venivano controllati da diverse tastiere di 7 ottave. Il peso era incredibilmente elevato: 200 tonnellate. Non essendo ancora l’elettronica sviluppatasi, il suono era molto debole e non poteva essere amplificato. Dunque il segnale generato dal dinamofono poteva essere collegato direttamente alla linea telefonica o attraverso speciali trasduttori, chiamati “soundboards”. L’idea iniziale era di impiegarlo per la filodiffusione della musica, attraverso il telefono. Ben presto, però, il progetto fallì. Il cinema ebbe un’ influenza sullo sviluppo della musica elettronica, ma il primo strumento elettronico efficiente si ha solo nei primi anni 50 con il sintetizzatore
Mark II che fu il primo sintetizzatore elettronico completamente programmabile. Realizzato negli studi dell’ RCA da Herbert Belar e Harry Olson . Tale strumento raggruppava degli oscillatori analogici di grandi dimensioni per generare il suono, un modulatore ad anello con l’uscita che è la somma e la differenza delle frequenze d’ingresso e diversi filtri d’elaborazione. Erano delle macchine molto grandi in quanto ogni singolo oscillatore occupava molto spazio, inoltre erano composte da apposite schede forate che determinavano l’apertura e la chiusura dei circuiti, si ebbe cosi’ il primo esempio di programmazione.
Particolare importanza ebbe la citta’ tedesca di Darmstadt sede di congressi fra musicisti dal 1956 al 1961, in cui si fecero dei seminari di fondamentale importanza per il futuro: Luigi Nono, Bruno Maderna, Luciano Berio, Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen. Nascono le prime composizioni che non imitano più il suono di strumenti esistenti, ma bensì fanno del Timbro il parametro principale della musica: “noi possiamo comporre il suono”, si utilizzano cosi’ le componenti microscopiche delle onde sonore a differenza di prima che si componeva su timbri pre esistenti. Anche in America si verifica lo stesso con John Cage che sceglie spesso la casualità nella composizione mentre gli altri coetanei sviluppano la costruzione timbro dopo timbro. In Francia alla fine degli anni 50 negli studi della televisione francese ORTF nasce la Musique Concrete (Pierre Henry,Pierre Schaeffer), si usano giradischi rallentati ed ogni tipo di nuove sonorità; si sviluppano studi in tutta Europa, in Italia nasce il Centro di Fonologia Musicale della RAI nei primi anni 60.