Jimi Hendrix ” ALL IS BY MY SIDE” recensione

Jimi-HendrixLa prima grande delusione guardando questo film è stata quella di scoprire che della musica di Jimi Hendrix non vi è traccia per l’intera durata del film.

Abbastanza arrabbiato per questo, mi sono domandato: perchè vedere un film biografico su  Hendrix  ascoltando una improbabile colonna sonora clonata( ed anche male?)

a quanto pare  sembra che questo sia dovuto al rifiuto della famiglia del chitarrista di concedere i diritti alla diffusione della musica in seguito al diniego da parte della produzione di cambiare  la sceneggiatura ritenuta non accettabile dagli eredi. Visto queste difficoltà. Allora, perchè fare il film?

Premesso che Jimi Hendrix ha rivoluzionato l’uso della chitarra elettrica nel rock esplorando territori sconosciuti fino ad allora, come per esempio l’uso dell’effetto larsen ( caratteristico runore che si ottiene quando i magneti della chitarra interagiscono con l’altoparlante)  trasformandolo da fastidioso disturbo , in un visionario effetto musicale. L’uso della leva del vibrato in un modo che  influenzerà chitarristi di diverse generazioni, l’uso massiccio del pedale “wha wha”  della vox abbinato con il mitico  fuzz-face ed un duplicatore d’ottava in aggiunta di un chorus. Questo ha reso il suono di Jimi eterno ed inconfondibile. Ebbene nel film la maggior parte delle parti chitarristiche  hanno un suono anonimo, casuale, come quello di chi attacca una fender ad un amplificatore Marshall. Un film assolutamente privo di spessore oserei dire superficiale. Una trovata squallida ed assolutamente commerciale.

L’attore (un rapper) che interpreta il chitarrista è totalmente inespressivo – come direbbe il compianto Sergio Leone :” ha due espressioni una con il cappello ed una senza” – rende il film addirittura caricaturale.

Sono molto amareggiato per questo film in quanto il musicista di Seattle si meritava di meglio. Considerando il paragone con il film biografico di un suo collega. anche lui appartenente al “club dei 27”  realizzato da Oliver Stone di fattura infinitamente migliore (da un punto di vista cinematografico).

Credo che il miglior documento visivo per rendersi veramente conto di cosa siano stati i favolosi anni 60 e dell’impatto sulla storia del rock e della cultura giovanile sia il Festival di Monterey  tenutosi nell’estate del 1967. Molto meno mediatico di woodstock ma più genuino.

Allestito vicino al paese di Monterey, California in un’arena naturale che aveva per anni ospitato il Monterey Jazz Festival, la manifestazione fu organizzata dal produttore discografico Lou Adler, dai cantanti Paul Simon, Michelle Phillips e John Phillips deiThe Mamas & the Papas, dal produttore Alan Pariser e da Derek Taylor. La scaletta del festival incluse membri dei Beatles e deiBeach Boys. Il poster pubblicitario fu disegnato dall’art director Tom Wilkes. Fu creato per l’occasione un “comitato di garanti” di cui facevano parte fra gli altri Donovan, Paul McCartney, Mick Jagger, Smokey Robinson e Brian Wilson[1].

Gli artisti suonarono gratis e tutto il ricavato fu donato in beneficenza, con l’unica eccezione di Ravi Shankar che fu pagato 3.000 dollari per la sua lunga performance pomeridiana con il sitar.

Il biglietto di ingresso costava un dollaro. Il festival è tipicamente ricordato (con l’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band uscito due settimane prima) come l’apice della cosiddetta “Summer of Love”. In precedenza Jimi Hendrix suonò dal vivo questo brano (si vede anche nel film) appena due giorni dopo l’uscita del disco,alla presenza degli stessi Beatles, i quali rimasero molto sorpresi di questo. Un simile fatto ai giorni nostri avrebbe scatenato schiere di avvocati ed una serie di numerose cause legali, ma all’epoca tra musicisti si era amici e certe cose erano impensabili.

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Il festival entrò nella storia anche per la prima grande apparizione americana di Jimi Hendrix, permessa grazie all’insistenza di Paul McCartney, e degli Who. Fu anche il debutto  sconvolgente di Janis Joplin, anche lei purtroppo facente parte del club dei 27, che apparve come membro dei Big Brother and the Holding Company, e Otis Redding, nei Booker T. & the M.G.’s. Redding sarebbe morto pochi mesi dopo.